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Fidal per Gender Equity

ROME21K: Le donne e la maratona

Una storia ancora da scrivere……

Le origini della maratona vengono fatte risalire al mito, che Erodoto colloca nel lontanissimo 490 a.C., dell’emerodromo greco Filippide che annunciò la vittoria dei Greci contro i Persiani nella battaglia di Maratona. L’emissario percorse la distanza tra la piana di Maratona ed Atene.

Come noto, la leggenda che è giunta fino a noi narra anche delle morte eroica di Filippide, avvenuta per l’eccessivo sforzo fisico, proprio a seguito della prolungata corsa.

È per onorare il mito greco che nel 1896, anno della prima edizione delle Olimpiadi moderne, la corsa di allora circa 40 km diventa una disciplina olimpica: il percorso di gara seguì simbolicamente le orme di Filippide, dal Ponte di Maratona allo Stadio Panathinaiko di Atene. Da quel momento, la Maratona ha fatto parte del programma tecnico maschile di ogni edizione dei Giochi Olimpici.

Dobbiamo però aspettare il 1984, a distanza di ben 21 edizioni dalla sua comparsa, per vedere finalmente anche le donne competere per il titolo olimpico della distanza.

Perché tanto tempo?

Considerando che ai Giochi Olimpici antichi alle donne non era permesso neanche assistervi, la loro esclusione dalle edizioni olimpiche moderne tutto sommato non sorprende. D’altro canto, però, tenuto conto che risale al 1900 la prima partecipazione delle donne ai Giochi, è impossibile non notare il clamoroso ritardo con cui la maratona è stata riconosciuta anche come disciplina olimpica femminile.

Le cause sono da ricercare negli stereotipi di genere che hanno per secoli visto le donne come individui dal corpo delicato e fragile: i fisici femminili erano ritenuti non solo inadatti a sostenere uno sforzo intenso come quello richiesto per correre una maratona, ma erano addirittura considerati in serio pericolo. Essendo i Giochi Olimpici una vetrina dello sport mondiale, ci sono voluti anni perché ci si decidesse ad ammetterle come partecipanti e a superare il pregiudizio legato alla loro supposta fragilità.

Prima dell’inserimento ufficiale della gara femminile nel programma di Los Angeles 1984, alcune atlete si erano già cimentate sulla distanza, in barba ai preconcetti e ai timori dell’opinione pubblica. È passata alla storia l’immagine di Kathrine Switzer che nel 1967 corse la Maratona di Boston e venne immortalata mentre portava a termine l’impresa, con tanto di pettorale ben in vista, davanti al disappunto di buona parte di organizzatori, giudici e altri partecipanti.

Qualche numero

Come accade nelle altre discipline, anche per le corse su strada, le donne sono oggi sempre più presenti, arrivando a raggiungere delle percentuali finalmente considerevoli rispetto al totale dei partecipanti. Mediamente è attestata un’espansione generale dell’intero movimento delle corse su strada, coinvolgendo un numero crescente anche di uomini: nel caso delle donne però questo aumento, risentendo ancora della loro completa esclusione fino a pochi decenni fa, è di gran lunga più evidente.

Le statistiche relative alla partecipazione femminile della Maratona di Boston,[1] ad esempio, mostrano un incremento vertiginoso, soprattutto dopo gli anni 2000, del numero di donne partecipanti. Di seguito alcuni dati:

  • nel 1984 (anno dell’ingresso della maratona femminile nel programma olimpico) hanno preso il via 838 donne (12,10%) e 6.086 uomini;
  • nel 1994 2.012 donne (22,21%) e 7047 uomini;
  • nel 2004 7.697 donne (37,83%) e 12.647;
  • nel 2014 16.092 donne (45,12%) e 19.572 uomini.

Di coloro che hanno portato a termine la Maratona di New York:[2]

  • nel 1989 4677 erano donne (19,03%) e 19.895 uomini;
  • nel 1999 9.161 erano donne (28,95%) e 22.485 uomini;
  • nel 2009 15.175 erano donne (34,75%) e 28.485 uomini;
  • nel 2019 22.746 erano donne (42,41%) e 30.893 uomini.

Il trend si registra anche in Italia. Da un’analisi delle graduatorie[3] più recenti relative alla Mezza Maratona A (o Maratonina A) risultano aver conseguito almeno una prestazione valida un numero mediamente crescente di nostri tesserati, ma sono le donne quelle che negli ultimi anni hanno fatto impennare i dati. Inoltre si nota come, a differenza dei numeri maschili che stanno subendo una flessione, quelli femminili sono tuttora in, seppur più lenta, crescita:

  • nelle graduatorie 2013 sono presenti 4.290 risultati femminili e 23.513 maschili;
  • nelle graduatorie 2015 sono presenti 7.741 risultati femminili e 34.642 maschili;
  • nelle graduatorie 2017 sono presenti 10.047 risultati femminili e 40.594 maschili;
  • nelle graduatorie 2019 (ultimo anno pre-covid) sono presenti 10.118 risultati femminili e 37.618 maschili.

La qualità

Ovviamente all’aumentare della partecipazione, cresce anche il livello qualitativo delle prestazioni ottenute. Ecco qualche dato tratto dalle graduatorie World Athletics e della European Athletics.[4]

Nel 2001 delle 384 atlete che avevano corso la Maratona entro le 2h45:00, 171 erano europee.  Per la stagione 2011 nelle graduatorie WA ed EA figurano rispettivamente 657 e 200 atlete entro lo standard di cui sopra. Nel più recente 2019 nelle graduatorie WA ed EA sono presenti nello stesso tempo massimo rispettivamente 1002 e 222 atlete.

Il netto miglioramento qualitativo femminile è attestato anche dalle Liste Mondiali All-Time della Mezza Maratona: ci sono soltanto 4 risultati femminili ottenuti prima del 2015, contro i 16 maschili antecedenti alla stessa data. Anche le prestazioni insomma risentono della vivacità di un movimento che negli ultimi decenni si è dimostrato profondamente più inclusivo degli albori.

Perché parlarne nel 2021?

La storia della partecipazione femminile alla maratona ci insegna che, grazie al coraggio e al senso di giustizia delle persone, gli stereotipi, anche quelli cementati nei millenni, possono essere superati e le discriminazioni più profonde abbattute. Le atlete di oggi, in Italia e nel mondo, godono delle conquiste raggiunte dall’impegno di chi le ha precedute.

Il contributo dello sport nella storia dei diritti degli esseri umani è inestimabile. Alcuni momenti di svolta per l’umanità sono avvenuti proprio nelle piste, negli stadi, nelle strade e costituiscono un’eredità intramontabile da cui non si può e non si deve prescindere.

L’auspicio è che lo sport continui ad essere un esempio sempre più virtuoso di riconoscimento, rispetto e salvaguardia dei diritti e della dignità umana; che gli atleti e le atlete possano sempre essere messi in condizioni di parità al fine di garantire loro, come sportivi e come persone, la massima fioritura.

Che nessuna Katrhine Switzer insomma debba più sfuggire, ma possa semplicemente correre.


[1] https://www.baa.org/races/boston-marathon/results/participation

[2] https://results.nyrr.org/event/M2019/overiew

[3] http://www.fidal.it/graduatorie.php

[4] https://worldathletics.org/records/toplists/sprints/100-metres/outdoor/women/senior/2021